venerdì 19 novembre 2010

Il viaggio proseguì tra sonnellini, spuntini e film. Vania si godeva ogni cosa come fosse al parco giochi. Safran, invece, iniziava a sentire l'urgenza di scendere e iniziare, finalmente, questo viaggio che lo stava portando così lontano, non solo dall'Italia, ma anche dalla sua vita.
Dopo otto ore di viaggio, finalmente l'aereo atterrò a Malindi. Da lì avrebbero preso un autobus che li avrebbe portati a Mombasa. Appena scesi dall'aereo ad accoglierli fu il caldo tropicale dell'Africa. Vania si tolse immediatamente la felpa che l'aveva scaldata durante il viaggio, e restò con una canottiera rossa. Poi si legò la sciarpina colorata in testa, tolse le All Star e indossò le sue Birkenstock di vernice bianca.
Safran la osservava divertito: "Caspita, che organizzazione! - le disse - Come vorrei avere anch'io ai piedi i miei amati sandali!" Lei scosse la testa e bofonchiò qualcosa del tipo "Meno male che te li sei scordati", ma Safran fece finta di non aver sentito.
Attesero i bagagli, poi si diressero verso l'uscita. Safran, intanto, aveva raccolto informazioni confuse sul luogo in cui avrebbero dovuto prendere il bus.
Con aria decisa, condusse Vania e Bartolomeo lungo una strada poco distante dall'aereoporto, dove un cartello malconcio indicava la fermata degli autobus per Mombasa. Vania maledì immediatamente la sua valigia così pesante e avrebbe voluto fare cambio con quella di Safran, ma l'orgoglio le impedì di chiedere aiuto. "Vuoi una mano con quella valigia? - le disse Safran ridendo. Lei non rispose e camminò velocemente verso il luogo indicatole, sbattendo il povero Bartolo di qua e di là nella sua gabbietta.
Dopo 15 minuti l'autobus ancora non era arrivato. Vania smise di parlare. Faceva sempre così quando si innervosiva, ma lui ancora non lo sapeva. Dopo 30 minuti, oltre a non parlare, iniziò a sbuffare nervosamente, ma lui fece finta di non sentirla e continuò a giocherellare con la coda di Bartolo. Dopo 45 minuti, quando ormai Vania stava per scoppiare, finalmente arrivò un autubus. Più che un autobus, sembrava un pullmino degli anni 70. A Vania ricordò la 131 di suo nonno, non tanto per la forma, quanto per il colore, carta da zucchero. Non appena salirono, li investì un acre odore di umanità. Vania cercò di non dare a vedere il suo disagio, ma glielo si leggeva negli occhi. Safran, allora, prese dal suo zainetto un barattolino. Lo aprì e ci passò dentro un dito, che poi passò delicatamente sotto il naso di Vania. All'improvviso il cattivo odore era sparito, per lasciare il posto a un piacevolissimo profumo di eucalipto.
"Ti senti un po' più a casa, ora, koala? - disse lui sorridendo. Vania chiuse gli occhi e annusò profondamente quel buonissimo aroma, poi si voltò verso di lui e gli stampò un bacio sulla guancia. "Ma da quando al polo Sud ci sono gli alberi di eucalipto? - chiese lei.
"E' una lunga storia... " - rispose lui, accarezzandosi la guancia profumata

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