martedì 26 ottobre 2010

22 orizzontale

Si addormento' probabilmente.
Lei era li a pochi centimetri da lui... e stava dormendo serenamente.
E mentre lei dormiva, lui si sentì improvvisamente solo... con se stesso.
Provò anche lui a prender sonno ma purtroppo non ci riusciva, prese allora la sua settimana enigmistica e incomincio' a fare le Cornici Concentriche, il suo cruciverba preferito. Gli serviva spesso quel tipo di passatempo per ripulire la mente, per non pensare a nulla. Si estraniava completamente da qualunque problema lo assillasse. E ce n'erano, in quel momento, di cattivi pensieri in agguato. Stava combinando qualche casino alla sua vita?
Non avrebbe saputo rispondere a quel quesito e fortunatamente una definizione intrigante lo porto' via da  li.
Fini' lo schema in una ventina di minuti e poi si volse verso di lei.
Aveva una espressione stranamente allegra per una che dormiva.Forse stava facendo finta o...forse stava semplicemente ...sognando.
Penso' a tutte le volte che lei gli aveva raccontato i suoi sogni e lui ne aveva goduto perche era come entrare in un livello superiore di conoscenza, in una intimita' riservata a pochi. Lei lo aveva perfino eletto il custode dei suoi sogni, che onore.
E questa volta era li, ad assistere in diretta  a questo evento...lei sognante. Si coglievano piccoli movimenti di sopracciglio, leggeri stiramenti dei suoi splendidi zigomi. E la bocca, le sue labbra che coprivano a stento i suoi denti pronunciati, davano segnali di godimento. Si... non c'erano  dubbi, stava definitivamente sognando. Safran si protese verso di lei  come per cercare di cogliere qualche cosa di piu', un dettaglio... non le era mai stato cosi' vicino.
Sentì il suo profumo.
Poi lo colse un pensiero, si ricordò improvvisamente di una cosa che si erano detti qualche tempo addietro.
E gli venne un'idea.
Cercò un foglietto nella tasca del sedile davanti ma non trovò nulla. Prese allora la settimana enigmistica e scrisse una piccola cosa sul bordo pagina. Ne strappo' via il pezzo e lo appoggio' sulle sue gambe.
Questo piccolo gesto la fece sussultare, si stropiccio' gli occhi e si sveglio' lentamente.
Lei scorse immediatamente il foglietto sulle gambe, lo prese in mano e lesse quello che c'era scritto. 
Poi si giro' verso di lui, i suoi occhi si rimpicciolirono per disegnare un ampio sorriso e torno' a dormire.
Il comandante annucio' l'inizio della discesa e in pochi minuti toccarono terra nella capitale olandese.


"Vania... Vania  sveglia... siamo arrivati ad Amsterdam... dobbiamo sbrigarci".
" Come sbrigarci?" fece lei stirandosi le braccia.
" Si! non abbiamo molto tempo... la coincidenza parte tra un'ora e forse dobbiamo passare un altro check point"
" Ma io non sono mai stata ad Amsterdam... voglio godermela un po'"
"Ci torneremo un'altra volta se ti va, pero' oggi si va di corsa" cerco' di essere convincente.
"Uffa, ma vuoi dire che mi sono presa tutta questa paura solo per stare qui solo un'ora?" disse, ormai contrariata.
"Si... direi di si... se si vuole andare la... bisogna passare da qui... non ci sono voli diretti per il Kenya dall'Italia".
Lei non disse piu' nulla prese la sua gabbietta e si avvio' indispettita verso l'uscita dell'aereo.
"Vania!" la chiamo', ancora intento a raccogliere le sue ultime cose sul sedile.
"Si?" disse girandosi lentamente verso di lui.
" Che cosa hai sognato?"



Eddie Vedder - Society - Into the Wild Soundtrack

Society

Lei non rispose, ma si aggrappò alla sua mano stringendola forte. Lui intravide delle lacrime sul viso di lei. Cercò di asciugarle con il palmo della mano, ma lei glielo impedì. "Lasciale lì dove sono - disse con un filo di voce - mi scaldano e mi fanno sentire viva." Lui tirò indietro la mano e rimase in silenzio. Finalmente la fase di decollo era terminata, la lucina delle cinture di sicurezza si spense e le hostess iniziarono il loro viaggio su e giù per il corridoio a offrire tè e caffè.
Lei lasciò finalmente la mano di lui e smise di fissare il vuoto davanti a sè. Con estrema calma si girò verso il finestrino e osservò il cielo, poi scoppiò a ridere nervosamente. Lui la guardò stupito, ma non disse nulla. "Scusa Safran, ti ho stritolato la mano... non ci posso fare nulla... il decollo mi getta nel panico... forse perché una volta un amico ingegnere mi ha raccontato che c'è un momento di non ritorno nel decollo, durante il quale, se qualcosa va storto, è impossibile correre ai ripari... e da quel momento non sono più riuscita a stare tranquilla."
Lui si chiese chi potesse averle raccontato quella storia, conoscendo la sua paura di volare. Un folle forse.
"Devi sapere - sussurrò lui dopo qualche minuto di silenzio - che in realtà quel momento che il tuo amico ha definito "di non ritorno" non ha il significato che tu gli hai dato. Le persone che muoiono in un incidente aereo in verità non muoiono davvero, ma entrano in una dimensione nuova, a causa della velocità del veicolo. Da quel momento appartengono a un nuovo mondo, a quattro dimensioni. Non so dirti con precisione dove si trovi questo nuovo mondo, ma ti assicuro che esiste. Ho dato un esame all'università che raccontava proprio di questo evento strano, ma scientificamente provato."
Lei lo guardò divertita. "Ma ci possono entrare anche i gatti in questa nuova dimensione? - chiese lei. "No, ecco... i gatti credo si spiattellino a terra come focaccine... mi spiace cara... " - rispose lui grattandosi la barba.
Lei gli fece una pernacchia, poi si rimise ad osservare il cielo sotto di lei, infilando nelle orecchie il suo I pod, desiderosa di isolarsi per un po' di tempo senza pensare a nulla. Chiuse gli occhi e tra le note di Eddie Vedder si addormentò.

lunedì 25 ottobre 2010

compagni di viaggio

L’assistente al banco dei check-in li accolse con un ampio sorriso.
Poi chiese: “viaggiate insieme?”
La domanda, seppur innocente, li mise un po’ in imbarazzo. Si guardarono negli occhi come per cercare un supporto reciproco. Era la prima volta che qualcuno li considerava come una … coppia… era una sensazione nuova a cui non erano abituati e che forse neanche stavano cercando. Lui prese a parlare: “ si… in un certo senso”.
“Ok, vedo che proseguite poi verso il Kenya, se avete bagagli da spedire ve li faccio arrivare fino a destinazione” . “ Si ne abbiamo…”continuo’ lui “e… abbiamo anche questo” e mostro’ la gabbia con il micino.
“Um, avreste dovuto dichiararlo con 48 ore di anticipo”.
“ Si, lo so, ma vede… e’ che abbiamo prenotato solo ieri… e quindi era praticamente impossibile”. “Miaooo” fece Bartolomeo come per confermare.
L’assistente guardo’ tra le fessure della gabbia e vide due occhietti di ghiaccio che la fissavano speranzosi.
“ Va bene, noi possiamo chiudere un occhio ma vi avviso che le autorita’ keniote credo vogliano avere dei documenti che attestino la assoluta buona salute dell’animale, altrimenti lo respingeranno in frontiera”
Questo lo prese in contropiede, si volto’ verso di lei per cercare conforto. Stava gia’ per arrendersi quando vide il suo volto aprirsi in un sorriso.
Infilo’ la mano nell’inseparabile e ne estrasse un foglio. “Ecco qua. Un certificato di buona salute firmato da un veterinario autorizzato!”
Lui la guardo’ stupito.
L’assistente annui e prosegui’ con le altre procedure fino al rilascio delle carte di imbarco.
“ Ma come hai fatto?”
“ Eh. Tu non mi conosci ancora, caro. Sono la donna dalle mille risorse!”.
Dopo meno di mezzora prendevano posto sul velivolo. Lei prese posto accanto al finestrino, la gabbia in mezzo e lui lungo il corridoio.
Lei era visibilmente preoccupata. Inizio’ a parlare velocemente, dicendo cose anche senza senso, pur di evitare di pensare al viaggio.
Lui invece era piu’ tranquillo mentre Bartolo dormiva rumorosamente.
“Vania… stai tranquilla… andra’ tutto bene”
“ Si… lo so… ma e’ piu’ forte di me”
“ Sai come fa a volare un aereo?”
“ No, cioe’ si… vagamente…”.
E lui inizio’ una piccola lezione di aerodinamica, proprio come faceva con i suoi figli.
Era strano per lui insegnare qualcosa ad una maestra. Si sentiva a disagio.
Pero’ lei ascoltava con attenzione. E  sembrava un po’ piu rilassata fino a quando i motori non iniziarono a rombare e l’accelerazione li schiaccio’ contro lo schienale.
Allora lui allungo’ un braccio e le strinse  la mano. Lei chiuse gli occhi.
“Adesso li puoi riaprire… il pericolo e’ passato.”
compagni di viaggio (francesco de gregori)

risposte

Lei lo guardò fisso negli occhi per qualche secondo, come a dirgli che non erano affari suoi. Lui capì l'antifona e si diresse in silenzio verso il check-in. In realtà lei era stata onesta con il suo ragazzo. Solo lui sapeva di questo viaggio e non le aveva impedito di partire. Semplicemente l'aveva lasciata libera di scegliere, senza porre condizioni e senza snocciolare noiosi ricatti morali. Ma lei sapeva cosa si nascondeva nel cuore di quell'uomo che tanto la amava. Dolore. Delusione. Paura. Eppure, anche questa volta, aveva riposto nel loro rapporto una fiducia smisurata, non impedendole di vivere occasioni o esperienze nuove, considerandole un mezzo per rafforzare il loro amore, se mai fosse resistito.
Lei si era sentita terribilmente in colpa, ma il suo spirito libero era più forte di tutto, anche di quell'amore così grande che le aveva permesso di sentirsi di nuovo donna. Lei doveva partire, per non avere rimorsi e per non arrivare un giorno a provare rancore verso il suo uomo.
Si sentiva egoista e forse in questo momento lo era davvero. Tutti questi pensieri che le attraversavano la mente l'avevano resa taciturna e triste e lui si sentì dispiaciuto per aver fatto quella maledetta domanda. In fondo lei non aveva chiesto nulla a lui. Ciò che contava ora era essere insieme e godersi il viaggio dimenticando per qualche giorno ogni pensiero o tristezza.
Quando mancavano soltanto due persone al check-in lui le prese il viso tra le mani, la fissò negli occhi e disse imbarazzato: "Sei ancora in tempo ad andartene, lo capirei. Ma credo che Bartolo potrebbe rimanerci male. Ormai non sta più nel pelo all'idea di vedere i leoni. Lo deluderesti molto."
Lei lo fissò con uno sguardo torvo, quasi violento. Lui si sentì ferito. Poi lei scoppiò a ridere come una bambina e lui le diede uno spintone, facendola urtare contro un bellissimo signore di colore che stava in fila dietro di lei e lei sentì un dolcissimo profumo di ambra. Chiese scusa all'uomo, poi si avvicinò all'orecchio del suo amico ingegnere e sussurrò:
"Adoro gli uomini profumati... e dalla pelle ambrata."
Lui la guardò di traverso. "Non avevo dubbi - boffonchiò sorridendo."

domenica 24 ottobre 2010

domande

La vide finalmente arrivare. Non disse nulla.
Le andò incontro e la abbraccio forte. Era come una liberazione, come riprendere finalmente fiato dopo quella mattinata di apnea.
Le sussurrò solo una parola all’orecchio: “grazie” … e si accorse che stava quasi tremando. Si riprese immediatamente e la guardò adesso, veramente, per la prima volta.
“E quello cos’e’?”
“ Uh, vedo che il tuo cervello di giovane ingegnere creativo entra in stand-by il sabato mattina. Vuoi una risposta multipla o preferisci avventurarti a provare qualche ipotesi plausibile  tra le mille possibili?
Il modo in cui aveva pronunciato le parole “giovane” e “ ingegnere” lo fecero irrigidire un poco.
“ Spiritosa! Ho capito cos’e’… intendevo dire… dobbiamo proprio portarcelo dietro il gatto? Insomma… non avevo preso in considerazione  anche questa… compagnia…”
“ Certo che dobbiamo! Io senza di lui non mi muovo. E’ come se fosse la mia famiglia… e non chiamarlo “gatto” con quel tono.”
Ecco, adesso tirava in ballo la famiglia… quella parola entrò come una spina nel suo cervello. Avrebbe  voluto dire che lui una famiglia l’aveva lasciata a casa veramente, e che stava giocandosi molto con quel viaggio ma poi si tenne per se quel pensiero.
“ Va bene, ma il trasporto di animali in Kenia potrebbe presentare dei problemi, sai e’ un ecosistema delicato, non conosco  di preciso le procedure, non vorrei che si dovesse dichiararlo in anticipo. Non potevi lasciarlo a casa, alla tua amica? O magari la chiamiamo  adesso e le diciamo di venire a prenderselo?”
“ Ma sei pazzo? Non se ne parla proprio, e poi non le ho detto che venivo in viaggio con te.”
Lui si chinò sulla gabbietta, Bartolo iniziava a farsi sentire. La aprì e prese in braccio l’animaletto che si aggrappò con i piccoli artigli al suo maglione e cominciò a leccargli la barba.
“ Eeevabene, ti portiamo… ti portiamo… basta con queste smancerie… mannaggia a te.”
A lei tornò finalmente il sorriso e lo baciòdi slancio sulla guancia.
“ Ok andiamo al check-in e vediamo cosa ci dicono. Hai portato il passaporto?”
“ Certo, ho tutto qui dentro” e indicò la sua ampia borsa,l’inseparabile.
“ Hai paura per il viaggio?”
“ Un po’… ma ormai sono convinta, non si può più tornare indietro”.
Lui prese le due valigie e si indirizzò verso i banchi.
“ Caspita, la tua valigia e’ il doppio della mia, ma che ci hai messo dentro?”
“ Certo che oggi sei proprio uno spaccapalle eh?”
“Ok..Ok.. non dico più niente, sarà che sono un po’ agitato… anzi no…un’ultima cosa te la voglio chiedere… a Lui che cosa hai detto?”

all'aeroporto

Dopo averlo visto salire sul taxi e allontanarsi da casa, lei si infilò sulla sua Matiz rosso fuoco, girò la chiave e partì dirigendosi verso Malpensa. La valigia era adagiata sui sedili posteriori: era troppo grande per starci nel bagagliaio. Accanto a lei, al posto del passeggero, c'era Bartolomeo.
Lei ripensò a quando aveva paura di volare. In verità la paura c'era ancora, ma molto più controllata. Per lo meno non capitava più che rinunciasse a un viaggio pur di non prendere un aereo. Qua però non si trattava di un'ora di volo, bensì di quasi 12 ore. "Ce la farò? - pensò preoccupata mentre imbocca la supestrada - e se mi viene il panico che faccio?"
Cercò di scacciare i brutti pensieri alzando il volume della radio e per trovare ancora più coraggio infilò un cd di Carmen Consoli e si mise a cantare a squarciagola. Il cuore rallentò la sua corsa e la paura si placò. Ora poteva ricominciare a immaginare le bellezze del viaggio che l'attendevano.
Non aveva raccontato a nessuno di questo viaggio, neanche alla sua migliore amica. Aveva semplicemente detto che avrebbe trascorso la settimana seguente a casa di Valentina, l'amica di Firenze, la quale aveva bisogno di una mano con la bimba appena nata.
Nient'altro che una bugia bianca, come era solita chiamare lei le bugie senza cattiveria.
Non voleva essere fermata nè giudicata. Voleva solo partire con quell'uomo misterioso, che la conosceva senza averla mai frequentata e poi chiudere definitivamente ogni contatto con lui. Le vite di entrambi erano troppe lontane l'uno dall'altra e sia lui che lei avevano la consapevolezza che prima o poi tutto sarebbe finito. Sarebbe stato un bel finale, tra i colori dell'Africa.
Lei parcheggiò l'auto nel parcheggio dell'aeroporto; con la gabbietta nella mano destra e la valigia nella mano sinistra si trascinò fino alle partenze internazionali. Cercò i terminali della KLM: lui era già lì.
Stava sfogliando una rivista, appoggiato a una colonna, la minuscola valigia accanto a lui. Lei sorrise. Si avvicinò. Lui alzò lo sguardo.



ticket to Africa

Fino a quando non l’avrebbe vista, li davanti a lui, in carne e ossa non si sarebbe potuto rilassare. Certo, stava guidando,  ma non era completamente cosciente. Aveva preso un po’ troppi rischi questa volta. A questa sensazione di irreversibilità delle scelte non era abituato. Nella sua vita aveva sempre cercato di tenere aperto uno spiraglio, una via di uscita. Questa volta si era invece tuffato nel buio. Non si sa cosa gli avesse preso. Si era completamente fidato di lei. Praticamente una sconosciuta. Aveva per una volta lasciato da parte il suo modo di procedere per passi razionali, e aveva seguito solo il suo istinto. Come un animale. Forse inconsciamente era per quello che aveva scelto l’Africa. La terra dove tutto sembra nascere ed evolvere secondo regole ancestrali. Regole dimenticate da questa parte del mondo. Un ritorno alle origini dell’uomo, una terra madre a cui tornare per ritrovare se stessi e le cose veramente importanti, per cui valga la pena vivere. Voleva gettare dietro di se i computer, i telefonini, le riunioni di lavoro, la palestra. Ritrovare un rapporto piu vero con se stesso e con… lei. Non sapeva neanche definire cosa ci fosse tra loro. Forse perché non si poteva definire. Perche il loro rapporto era fatto di aria, di emozioni, di magnetismo, di stimoli culturali e artistici. Si erano conosciuti piano piano, giorno dopo giorno,  distillando quello che la vita offriva loro di meglio o di peggio. Cercando di conoscere attraverso la parola scritta quello che si nascondeva nel loro io piu profondo. E questo forse li aveva aiutati a creare un rapporto paradossalmente piu vero, di come non avrebbero potuto fare semplicemente frequentandosi come due classici…amanti.
Questo viaggio in fondo era come il loro rapporto. Non c’erano aspettative. Non avevano programmato nulla. Lui non aveva neanche voluto attendere una sua risposta al suo invito. Era… naturale. Si faceva pperché era venuto il momento di farlo. Tutto li.
Un viaggio per capire qualche cosa di piu’ma anche semplicemente perché era bello farlo.

I biglietti li aveva nella tasca. Stampati di fresco in ufficio il giorno prima.
Non c’era molto traffico il sabato mattina e arrivo’ all’aeroporto con un certo anticipo.  Meglio cosi’. Avrebbe avuto il tempo per comprare le ultime cose.
Qualche libro, la settimana enigmistica, le pillole per la profilassi antimalarica e se mai l’avesse trovata … una guida del Kenya.

Bartolomeo

Lei lo vede uscire di casa, con quella valigia così piccola, troppo piccola. Gli uomini fanno sempre valigie ristrette, perché c'è sempre una donna che porta "tutto il resto".
Questa volta, però, potrebbe essere diverso. Questa volta lui sta rischiando davvero. Rischiando di arrivare a destinazione con una valigia troppo piccola anche solo per se stesso.
Si chiude il portone alle spalle, frettoloso, come fosse scampato a un pericolo. E' spettinato, la camicia un poco fuori dai pantaloni e la giacca aperta, nonostante il freddo gelido di quell'inverno cittadino. "E' buffo", pensa lei.
Non credeva che avrebbe mai trovato il coraggio di farlo, e invece... eccola là, in attesa probabilmente di un taxi che lo porti in aereoporto.
Lei ripensa con stizza all'ultima mail che lui le ha scritto.

"Domani parto. Da solo. Destinazione Mombasa. Una settimana lontano da tutto. Ho prenotato due biglietti per il volo di domani mattina.
Ti aspetto all'aereoporto alle ore 9.30. Non darmi conferma. Tanto so che verrai."

Troppo sicuro di sè, aveva pensato lei. In verità questa sua improvvisa decisione l'aveva colta di sorpresa, poiché per tutto il tempo che si erano scritti era sempre stata lei ad osare, nella certezza di trovare davanti un uomo sempre posato ed equlibrato, che sapeva scansare con classe le sue provacazioni. Ora, invece, lui pareva fare sul serio e lei si sentiva in difficoltà.
"Non fa sul serio" aveva poi concluso, spegnendo il pc, e sdraiandosi sul letto ad accarezzare il suo micino Misha.
"Mombasa - disse lei rivolta a Bartolomeo- non so neanche in quale Paese si trovi! Non sarà mica in India? Ma mi ci vedi a fare il bagno nel Gange? Come minimo passo tutta la settimana con il mal di pancia!"
Con fatica si alzò e si diresse verso la libreria, dove un Atlante carico di polvere veleggiava tra gli altri libri. Lo prese, con una mano tolse la polvere, poi iniziò a sfogliarlo. Arrivò alla pagina dell'India. Nessuna Mombasa nei paraggi. C'era Bombay, che, se non ricordava male, ora si chiamava Mumbai, ma l'Atlante risaliva al 1980. "Forse Mombasa è stata fondata dopo il 1980". Un lampo di genio le permise di consultare l'indice. "Eccola! Pagina 35, A-5."
Non seppe per quale motivo, ma il cuore prese a battere un poco più velocemente, come se alla pagina 35 ci fosse un pezzo del suo futuro.
"Eccola! Mombasa! Kenia! Che bello il Kenia!!! Ci saranno i leoni, le tigri, le scimmie, le giraffe! C'è anche il mare!"
Lei aprì l'armadio e iniziò a lanciare sul letto vestiti estivi e colorati, gonnelloni lunghi che non aveva mai avuto il coraggio di mettere, perché dai colori troppo sgargianti. Un foulard rosso finì addosso a Bartolomeo che non fece una piega, ma si limitò a guardare la sua padrona con aria interrogativa. "Amore mio! Preparati! Fra qualche giorno conoscerai il tuo papone! Il Re della foresta!!!"

Mombasa Sambosa

Come un robot. I miei movimenti rispondevano a ordini programmati. Non c'erano pensieri in quel momento. Non c'era un prima e un dopo. Quasi una condizione Zen di assenza dalle cose terrene per superare il primo piu grande ostacolo.
La Valigia, quella piccola dei viaggi brevi, i vestiti, quelli leggeri, un paio di scarpe... lo spazzolino.
Nel retrobottega della mente girava ancora il ritornello che mi  incoraggiava da giorni: " che poi non parti davvero, finche' semini i sassi sul sentiero, che ti porta via, da te".  Questa volta non voleva lasciare sassi. Partire davvero.
Come un richiamo naturale dentro di me, mi  faceva capire che era giunto il momento e non si poteva piu rimandare. 
In pochi minuti era tutto pronto, avevo eseguito perfettamente gli ordini del programma. Adesso veniva forse il momento piu difficile. Uscire.
Discesi delle scale con attenzione, non volevo correre, la calma e' essenziale in quei momenti. Ecco la porta, si avvicina come in un piano sequenza a zoommare.
Ad ogni passo era come se il resto della casa si sgretolasse dietro di me. Mi venne in mente una immagine classica dei giochi elettronici, in cui  il cavaliere che sta scappando dal drago, sale su un ponte che crolla dopo ogni suo passo. Quando sei sul ponte non puoi piu tornare indietro. Solo guardare avanti e fare il piu fretta possibile, ma con delicatezza.
Ogni ripensamento o incertezza in quel momento sarebbero stati fatali. 
Un passo ancora... avevo ormai la maniglia della porta saldamente nella mano, lo  scatto della serratura, un rumore atroce che mi entro' dentro...  il drago era ormai molto vicino, stava per tentare il suo attacco finale. La porta si apri, un'ondata di luce e freddo raggelante improvvisi mi fecero esitare per un secondo, chiusi gli occhi per ripararmi e mi tuffai in avanti. Quando li riaprii  ero ancora scosso e traballante ma ero fuori e la porta era chiusa dietro di me. 
Sentivo il drago dall'altra parte molto vicino ma non poteva fare piu niente ormai. 
Iniziava il viaggio. Mombasa sambosa.
Partire Davvero (Perturbazione- Del nostro tempo rubato)