domenica 26 dicembre 2010

Moonlight

Safran, aveva ancora la testa confusa da tutti quei discorsi strani sul matrimonio e stava già per uscire dal negozio quando sentì di nuovo la signora che lo chiamava con un sussurro.
Tornò  indietro e vide che si chinava a prendere un oggetto che aveva sotto il bancone e glielo porse.
Era una piccolo vasetto di vetro contenente una strana crema gialloniola. "E questo cos'è?". La donna rispose: "Moonlight". " Ma... si mangia?".
La donna, che evidentemente non aveva capito la sua domanda, gli sorrise dolcemente e ripetè "Moonlight" e lo invitò ad andarsene. E così fece, dopo essersi messo in tasca quella misteriosa sostanza e averla ringraziata.
Vania nel frattempo aveva già quasi raggiunto Oba. Safran faceva fatica a riconoscerla ormai in quella folla.L'unica cosa che la distingueva da una qualunque altra donna locale era quella macchia  bianco latte, la sua schiena lasciata ampiamente scoperta dal nuovo vestito.
Safran stava già pensando a tutte le scuse da chiedere ad Oba per il ritardo che gli stavano facendo fare, e si immaginava di trovare un uomo fuori di se. Invece era li che stava allegramente giocando a back gammon con un anziano fuori da un locale. Quando li vide arrivare li accolse con un sorriso. " Avete fatto compere eh?".
" Si, scusaci per il ritardo" accennò Safran.
" Ritardo? non ci sono ritardi quando non c'è l'orologio, e io non lo porto mai. Il tempo è fatto per essere vissuto, e io mi stavo divertendo a giocare con quest'uomo"
Safran capì al volo il messaggio.
Ripartirono con il pulmino e in meno di un'ora arrivarono nel villaggio di Minha.
La sorella di Oba fece molta festa al fratello e così pure tutti i suoi figli, che corsero incontro al pulmino dello zio come fosse arrivato il venditore di gelati.
Oba infatti aveva comprato un po' di caramelle per tutti loro, che distribuì come una specie di babbo natale.
Poi i bambini si interessarono a noi, i maschi soprattutto a Bartolo; lo presero in braccio e incominciarono a giocarci insieme, mentre le femminuccie ammiravano il vestito e i monili di Vania, come fosse una vera sposa e Vania era ovviamente tutta orgogliosa di tanta ammirazione.
Safran intanto era andato a parlare con il marito di Minha, Kumi,  per cercare di trovare un accordo per la sistemazione e verificare l'alloggio.
La casa non era grandissima ma molto accogliente. Aveva un ampio soggiorno e diverse stanze, non grandissime, in cui alloggiavano in qualche modo i diversi figli.  Avevano poi una piccola capanna, poco distante dalla loro casa che usavano come magazzino. Kumi disse che avrebbero potuto liberarla e procurare in breve tempo un letto. Kumi faceva di lavoro il commerciante, ed era la sua passione vendere e comprare oggetti. Disse che sapeva già dove andare a recuperare la roba e non ci sarebbero stati problemi. Per il bagno avrebbero potuto utilizzare quello del cortile della casa, mentre per la luce avrebbero dovuto accontentarsi della lampada a gas.
La casa era proprio a ridosso della spiaggia e si intravedeva il mare dietro le palme che chiudevano il cortile antistante all'abitazione. Safran tornò da Vania che era seduta al centro di un gruppetto di fanciulle e cercava di raccontare loro qualche storia. Stava per chiederle se le garbava il posto e se divevano confermare, ma quando incrociò il suo sguardo capì che qualunque domanda era inutile.
Le bambine poi la trascinarono sulla spiaggia e iniziarono a pettinarla e a farle delle sottilissime treccine.
Safran torno' alla capanna e mentre Kumi partiva con il suo furgoncino, stile ape piaggio, alla ricerca del letto, lui e Oba si diedero da fare per sgomberare la stanza da tutte le chincaglierie che la occupavano.
Dopo due ore la camera era quasi pronta. Kumi recuperò un fantastico letto e una sontuosa zanziera che appese al centro della stanza. Era ormai calato il sole ed erano tutti abbastanza stanchi.
Oba si congedo' da loro promettendo che sarebbe tornato l'indomani per ogni necessità.
Minha li invitò a cenare da loro ma, dopo essersi scusati, dissero erano entrambi troppo stanchi per mangiare, e avrebbero preferito una bella dormita ristoratrice. Vania, nella capanna,  si lascio' letteralmente cadere sul letto e solo allora percepi' un forte bruciore alla schiena che le fece lanciare un urlo. Era tutta scottata. La ex schiena bianca, scoperta, lasciata per ore sotto il sole sulla spiaggia era, adesso, tutta arrossata. Si coricò sulla pancia e cominciò a gemere sommessamente.
Safran non sapeva cosa fare. Non aveva farmaci a disposizione e di trovare una farmacia in quel momento non se ne parlava nemmeno. Si avvicinò alla schiena nuda di Vania e soffiò dolcemente per tentare di alleviare il dolore. In quel momento nel buio della capanna entro' dalla finestra un raggio di luna che illuminò tutta  la schiena di Vania. Moonlight... penso' Safran.
Fu allora che gli venne in mente l'unguento che gli aveva dato la donna del negozio e capi' finalmente cosa volesse dire.
La donna aveva intuito che Vania con quella schiena lattiginosa scoperta si sarebbe scottata e solo alla luce della luna se ne sarebbe accorta. Safran allora prese il vasetto,  lo aprì  e un'intensa fragranza balsamica riempì la stanza. Lui  iniziò a masaggiarle delicatamente la schiena, tanto che Vania si rilasso' immediatamente e si addormentò.
Safran guardava quella pelle illuminata dalla luna, in quella capanna Africana... lui e lei soli.
Le sue mani scivolavano delicatamente ma cercava di stare lontano da zone che avrebbero potuto imbarazzarlo e... sospiro'. " Un bacio e' sempre un bacio" pensò ...si ... ma... nulla lo autorizzava ad andare oltre.
In quel silenzio rotto solo dal rumore del mare e da qualche verso di animale sconosciuto in lontananza,  Safran accompagnò il suo dolce movimento con una vecchia canzone quasi sussurrandola..." You must remember this..."

sabato 18 dicembre 2010

Mema ya ndoa

"Ok, ci sto!" disse Vania spalancando uno dei suoi sorrisi improvvisi, e corse verso il negozio nel quale si era nascosta. Andò dritta dritta dalla donna che l'aveva aiutata e le mostrò il vestito che desiderava indossare. Era una doppio telo decorato con colori rossi e neri. "E' un kanga!" disse Vania a Safran- "e sai cosa significa in swahili? Significa gallina faraona! Bello no?" Safran annuì, poi la invitò a spogliarsi, come da scommessa. Vania prese il telo colorato, se lo avvolse intorno, poi si sfilò pantaloni e canotta... l'unica cosa che mantenne furono i suoi meravigliosi sandali bianchi. Safran la guardò divertito. "Sì, ma manca qualcosa... - disse, e prese da un grosso cesto di vimini un foulard arancione e lo avvolse sulla testa di Vania. "Ora sì che sei una vera faraona!" Vania si guardò nello specchio e non poteva crederci. Non si era mai vista così bella. Quel telo colorato le scivolava addosso come una seconda pelle e si sentiva fresca e pulita, nonostante le lunghe ore di viaggio.
Bartolomeo la guardava quasi non riconoscendola.
Safran si avvicinò alla donna per pagarla, ma lei fece no con la testa, poi mostrò i suoi enormi denti bianchi e disse: "Mema ya ndoa", abbracciò Vania e le mise al collo un numero infinito di collane colorate.
Vania restò senza parole, poi disse: "Asante sana" e uscì dal negozio con Safran che la guardava sbalordita. "Ma da quando conosci lo swahili Vania?" chiese lui prendendo Bartolo in braccio. "Mi sono imparata giusto qualche parola, tipo grazie oppure c'è un bagno?" rispose Vania mentre si sistemava le collane e rovistava nella sua enorme borsa alla ricerca di qualcosa.

"Eccolo, finalmente!" disse Vania sfogliando un minuscolo vocabolario. "Dunque... mema...ya...ndoa... vuol dire... vuol dire... " Ad un tratto alzò la testa verso Safran e scoppiò in una fragorosa risata! "Che c'è, che vuol dire? Dai Vania, dimmelo!" Vania gli prese la mano, lo guardo fisso negli occhi poi gli sussurrò all'orecchio "Significa Buon matrimonio". Safran la guardò con aria contrariata, poi gli tornò alla mente le immagini di un documentario che aveva visto qualche mese prima, che mostrava i matrimoni tra kenioti e si ricordò che tutte le donne indossavano quella veste di colore rosso e nero e al collo portavano centinaia di collane. Raccontò a Vania il significato di quel vestito e lei dapprima storse la bocca, poi però sorridendo disse: "se questo è tutto  un sogno, allora lo sarà fino in fondo. Ho sempre sognato un matrimonio esotico!"

martedì 14 dicembre 2010

La Mancia

Safran guardava davanti a se' senza vedere nulla.
Il sole era ormai allo zenit e capi' che presto si sarebbe sciolto sotto tutto quel calore.
I suoi vestiti erano ormai fradici di sudore, la sua camicia a quadretti da ufficio milanese, i suoi pantaloni di flanella nero carbone, le sue scarpe di pelle scamosciata.
Ma perche'? Perche' si sentiva sempre inadeguato in ogni situazione? Perche non poteva essere essere come quegli esseri che gli stavano passando davanti? Spensierati, senza preoccupazioni, vivevano ad un ritmo lento, umano. Lui invece era chiaramente un ricco turista europeo in cerca di emozioni esotiche... senza fantasia e pieno di ripensamenti... il suo atteggiamento e i suoi vestiti non lasciavano dubbi... e per di piu' non aveva la piu pallida idea di dove fosse Vania.
Un rapimento?...impossibile... l'aveva lasciata solo per pochi minuti e poi per che motivo?
Forse Bartolo le era sfuggito di mano, da come era agitato e lo ha inseguito, ma a quest'ora doveva essere gia arrivata.
Non rimaneva che la fuga, un allontanamento volontario... ma perche'? Si era forse pentita di quel viaggio?
Questo sospetto non fece che accrescere le sue perplessita' circa l'essere inadatto a quella situazione.
Forse stava sbagliando tutto... e doveva rientrare nei ranghi della normalita', tornarsene a casa e sperare di riprendere la sua tranquilla vita di provincia in famiglia. Quello era il suo mondo e non poteva trasformarsi in un indiana jones da un momento all'altro... chi stava prendendo in giro?
O forse no. Forse doveva solo crederci fino in fondo. Crederci ancora, agire, prendere in mano la situazione.
Si, ecco! Agire. Entro' in un bazar di vestiti che c'era li accanto. Prese una maglietta a maniche corte, arancione a righe blu orizzontali, un paio di calzoncini azzurro chiaro e per finire un bel paio di sandali di cuoio  che gli ricordavano tanto, nella forma, quelli di plastica rossa che indossava quando andava sulla spiaggia di Loano, da piccolino.
Diede 10 dollari alla commessa e improvvisando  uno spogliarello nel negozio, si cambio' i vestiti, scatenando i sorrisini imbarazzati delle donne del negozio. Lui contraccambio' il sorriso, regalo' i suoi vestiti vecchi alle ragazze e usci' contento sulla piazza e ando' a risedersi sulla tanica blu ad aspettare.

Si sentiva gia' meglio,  in perfetta armonia con quel posto speciale di cui non conosceva nemmeno il nome. Provo' una specie di sensazione di benessere come se tutte le persone che vedeva fossero' li per partecipare alla sua avventura e lui era il protagonista principale. E forse era veramente cosi'.

Guardo' i suoi piedi e li riconobbe finalmente, adesso la terra che li sporcava non era fuori posto, aveva la sua ragione per essere li.
Poi un gatto siamese a lui famigliare entro' nel suo panorama visivo e inizio' a leccarli. Alzo' lentamente lo sguardo e Vania era li, in piedi davanti a lui.
Non si dissero nulla, lei gli porse il  foglietto che aveva in mano e che lui riconobbe immediatamente e capi'.

"Vania, hai mai sentito parlare di Don Chisciotte de la Mancia? Immagino di si....era un personaggio strano, che a causa della sua grande passione per la letteratura cavalleresca gli prese il delirio di essere un cavaliere lui stesso, senza macchia e senza paura. Avrebbe dovuto dedicare la sua vita per salvare l'onore della sua amata principessa, Dulcinea del Toboso e come  premio per le sue gesta avrebbe avuto la corona di Imperatore di Trebisonda"
"Ma  la cavalleria ai suoi tempi era gia scomparsa,  Dulcinea non era un principessa ma una donna di facili costumi, il suo cavallo non era che un ronzino e il suo  scudiero un flaccido contadinotto. Tutto quello che lui viveva  non esisteva nella realta' ma solo nella sua fantasia, vedeva giganti contro cui combattere ma erano mulini a vento. Era un pazzo e tutti lo prendevano in giro"
" Nonostante questo, lui viveva contento e con grande impegno questa sua avventura, aveva una vita interessante, la sua pazzia gli faceva vedere le cose con un punto di vista originale, creativo, mai banale."
"Ecco, ho pensato che anche questa nostra avventura e' una sorta di sogno, di pazzia, che prende spunto, si, dalla realta' ma se ne distacca per avere una sua vita propria, la sua originalita'. In cui tutto può accadere, perche nei sogni e' cosi'. Tutto quello che succedera' qui non avra' nessun effetto sulla realtà se non una lontana eco, perché sara' solo nella nostra fantasia, e nessuno puo' impedire alla fantasia di volare. E questo volo e' una cosa che ci fa stare solo bene, se ci lasciamo andare senza paura di volare"
" Questo foglietto e' un intruso in questo mondo, un incidente di percorso, ci sono delle falle nella fantasia che lasciano passare squarci di realta', che dobbiamo saper gestire, senza drammi, sapendo che i pericoli qui dentro non ci sono. Anche le ferite di Don Chisciotte quando si scontro' con i mulini gli facevano male veramente ma lui non si arrese e persegui con tenacia il suo scopo. Dobbiamo decidere se voler volare almeno nella fantasia, o continuare a mangiare polvere in coda sulla tangenziale"
Guarda.
Safran si alzo', si avvicino' a Vania, le prese la testa tra le mani e la bacio' sulle labbra.
Il tempo sembro' fermarsi per qualche secondo. La folla della piazza scomparve, c'erano invece koala e pinguini che ballavano una specie di danza tribale attorno a loro, abbracciati gli uni agli altri in perfetta armonia.
....
Riaprirono gli occhi. La confusione della folla riemerse piano piano.
Vania stava per dire qualcosa ma Safran le mise una mano sulla bocca.
" nulla, non dire nulla, piuttosto guardati come sei vestita! Mi sembri una maestrina di una scuola per ricchi rampolli milanesi.
Tu invece dovresti essere la Regina di Saba, in questa storia. Facciamo cosi'... ti regalo qualunque vestito che trovi in quel bazar a patto pero'che... te lo indossi direttamente nel negozio. Ci stai?"

giovedì 9 dicembre 2010

Foglio a quadretti

Vania non si era persa, ma semplicemente nascosta nel negozietto di vestiti lì accanto, chiedendo alla proprietaria, una bellissima donna dalla lunga veste color porpora, di non rivelare a nessuno la sua presenza. La donna le fu subito complice, pur non conoscendo le ragioni di tale richiesta e la fece accomodare nel retrobottega, tra telai e anziane signore al lavoro. Si sedette su un piccolo sgabello di legno scuro e rilesse con più attenzione il foglietto che teneva stretto tra le mani da quando era uscita da quel sudicio bagno. Era un foglio di quaderno a quadretti grandi, di quelli che si usano in seconda o  terza elementare. Vania li conosceva bene. Probabilmente era stato strappato dal quaderno di matematica. La scrittura era precisa, leggermente obliqua. Calligrafia perfetta. Verso la fine, però, si poteva notare uno strano incespicare delle lettere... una sorta di tremore...Vania conosceva anche quel tremore. Era paura. Paura controllata, certamente, ma pur sempre paura.
Amore mio...
Così iniziava quella lettera....
Lui l'aveva persa dalle tasche poco prima di scendere dall'autobus, mentre cercava di sfilare la sua valigia dal portapacchi. Lei l'aveva raccolta, pensando fosse una lista per il viaggio, ma quando vide i quadretti e quella scrittura affilata qualcosa in lei scattò e le impedì di restituirla.
L'aveva letta tutta d'un fiato, appoggiata al muro di quel bagno, poi era uscita, aveva preso tra le braccia Bartolomeo e aveva deciso di scappare. Quelle parole l'avevano colpita, ma più ancora delle parole era la loro forma che la sconvolgeva. Ci leggeva dentro un mondo di sofferenza e paura e compostezza. Ci scorgeva il profilo di una donna affaticata dalla vita di coppia, dalla responsabilità di essere madre e anche moglie, oltre che compagna e amica.
Lei gli stava chiedendo di non andarsene. Lo chiedeva con misurato orgoglio, senza sbavature o scatti improvvisi.
Non te ne andare.
Questo lei scriveva. Senza pregare o implorare. Senza porre i figli come scudo al proprio dolore. Semplicemente gli diceva non te ne andare.
Lui, invece, se n'era andato.
Non per sempre. Magari solo per pochi giorni. Ma quel non te ne andare non ammetteva repliche, nè sconti di pena. Era una richiesta precisa, lecita, implicitamente sensata e senza deroghe.
Vania si sentì responsabile di un delitto atroce. Lei, con la sua leggerezza e la sua voglia di stupire, aveva contribuito a rendere incerto quella calligrafia che da sempre, lei ne era certa, viaggiava serena e tranquilla sul filo dei quadretti di un foglio di quaderno.
Ora avrebbe voluto rimediare. Ma come?

Pepe

Era passata gia' un'ora su quel pulmino carta da zucchero.
Il rumore e le vibrazioni stavano mettendo a dura prova la resistenza di Vania.
Safran si giro' ad un certo punto verso di lei che gli fece una smorfia di dolore.
Capi' che era giunto il momento per fare una sosta: " Oba, scusa. Non e' che ci potremmo fermare un po'. Magari in qualche posto dove si possa anche andare in bagno?".
"Ok, al prossimo villaggio ci fermiamo, devo anche fare gazolina"
Passarono ancora dieci lunghi minuti  di sofferenza e finalmente si videro le prime case. Non era un villaggio piccolissimo come si aspettavano. Anzi era una piccola citta', c'erano anche diversi negozi. Oba guido' con una certa destrezza nei cunicoli di quel labirinto e giunsero finalmente in un piazza abbastanza grande.
Pululava di gente che si spostava portando con se ogni tipo di merce, frutti tropicali, lattine di olio combustibile, vecchi copertoni. Sembrava che il loro unico scopo fosse quello di spostare merce da un punto ad un altro, senza un preciso perche'. Anche il rumore di quel posto era abbastanza caratteristico, voci che si levavano da ogni parte, a a cercare di vincere la confusione dei motorini rombanti, che producevano un baccano inversamente proporzionale alla velocita' a cui potevano andare.
Oba ci indico' un posto in cui si poteva trovare un bagno abbastanza accessibile.
Era nel retrobottega di un emporio che vendeve spezie e gioielli.
Vania corse vreso la porta che conduceva nel retro del negozio, la apri' ed ebbe un momento di esitazione, guardo' Safran con un'espressione che significava " ma dove cavolo mi hai portata?". Lui la ricambio' con un alzata di spalle e allargando le mani in un gesto di rassegnazione. L'esigenza fisiologica alla fine ebbe la meglio su Vania che scomparve dietro la porta.
 Safran aspetto' nel negozio con Bartolo in braccio che, curioso come un gatto,  voleva annusare ogni cosa . Avvicino' il musetto ad una polvere scura molto profumata. La curiosita' pero' a volte si paga cara, infatti appena impolvero' il suo nasino  prese a starnutire come un pazzo. Era pepe.
Dopo qualche minuto Vania usci' dal retrobottega con un misto di schifo e liberazione disegnata sul volto.
Safran le restitui' un Bartolo agitato nelle braccia e ando' anche lui in esplorazione delle segrete dell'emporio.
Usci' dopo un minuto e Vania e Bartolo non c'erano piu'. Usci' dal negozio ma nenache li' li vide. Torno' al pulmino di Oba ma niente, lui non li aveva visti.
Prese il suo telefonino per chiamarla ma scopri'che non c'era alcun segnale disponibile.
Cerco' di non farsi prendere dal panico.
Corse di nuovo a quel negozio e provo ad entrare nelle botteghe accanto a chiedere in inglese se avessero visto una donna con un gatto in braccio " I'm looking for a  woman with  a cat .... miaoooo"  e tentava di imitare il verso del gatto .... ne riceveva, nel migliore dei casi, solo sguardi persi nel vuoto,  altri invece sorridevano come se avessero capito che era arrivato un comico in citta' e si faceva pubblicita' in qualche modo.
Safran iniziava ad essere preso dallo sconforto.
Usci sulla piazza ed inizio' a gridare: VANIAAAA... .VAAAANIAAA

Ma si accorse subito di non avere una voce cosi' potente da competere con il casino locale.
Si appoggio' sfinito, su una tanica blu al bordo della strada.
Guardo' la terra marrone sulle sue scarpe. Era nel centro dell' Africa in una citta' di cui non sapeva neanche il nome. Solo.
Vania era scomparsa.