martedì 23 novembre 2010

Mihna Village

Safran guardava fuori dal finestrino. Finalmente aveva tempo di rendersi conto di dove fosse finito.
Il Sole era appena sorto. Era tutto un po' nuovo. Non si capacitava ancora di essere nel cuore dell'Africa.  Il cielo aveva una luce strana, profonda. La terra…  quanta terra.... sembrava viva. Il Sole che si muoveva nella direzione opposta... da destra a sinistra…si rese conto solo adesso che era la prima volta che oltrepassava l'equatore.
Il guidatore del pulmino lo osservò, poi disse: " Prima volta in Africa?".
" Si..." rispose ancora soprapensiero Safran, poi, riprendendosi "Ma… lei parla italiano?"
"Un poco, il mio nome e' Oba... Piacere"
" Piacere, Safran" tese la sua mano smorta a stringere quella ossuta, color nero carbone, di Oba.
" Bel nome Safran, cosa significa?"
" E’ il nome una spezia che si usa per cucinare, arancione intenso"
"Conosco, conosco... usiamo anche noi qui... la chiamiamo Zafarani"
" E il tuo? Che cosa vuol dire?"
" E il nome di un’antica tribù da cui viene la mia famiglia”.
"Come hai imparato l'Italiano? lo parli bene" intervenne Vania che aveva smesso di giocare con il micio.
" Ho lavorato per anni in un villaggio frequentato solo da Italiani, qui a Malindi" rispose Oba, " ce ne sono tanti. Solo che poi mi hanno cacciato".
" E perché? " chiese lei con un misto di curiosità e preoccupazione.
" E' una storia complicata... mi hanno preso con un pezzo di pane nella tasca mentre uscivo dal villaggio...mio fratellino stava male... aveva bisogno di energia... e così ho rischiato. Lo so avevo infranto le regole...ma era un pezzo di pane avanzato... l'avrebbero buttato via".
Lo sguardo di Vania si velò di tristezza. Era' molto sensibile, sopratutto quando si parlava di bambini.
" Anche voi siete in un villaggio?" chiese Oba.
Vania si rivolse a Safran e si rese conto solo allora che non aveva la più pallida idea di dove si stesse andando per dormire.
"Si, non ricordo bene il nome... devo averlo stampato da qualche parte" . Safran frugò nello zaino e tirò fuori una cartelletta con dei fogli che porse a Vania che lesse ad alta voce" Voyager Beach Resort.".
"L'ho trovato per caso ieri in internet, il primo della lista che aveva posti liberi... ho fatto tutto di fretta" si stava già scusando Safran.
"Lo conosco appena.. e' un villaggio nuovo, gestito da olandesi, mi sembra" disse Oba.
Intanto, stavamo passando accanto ad un lungo muro di cinta, al cui lato c'era una fila di uomini, ma forse  anche bambini, in attesa, e al termine vicino ad un cancello due bestioni in uniforme, armati con fucili, che facevano dei controlli.
" E quelli cosa fanno?"chiese Vania accarezzando il pelo di Bortolo per farlo stare tranquillo. Le buche della strada lo facevano spaventare sempre... e ce n'erano tante.
"Aspettano di essere chiamati per un lavoro. Nei villaggi funziona così. Ogni giorno assumono gente nuova... per le pulizie. Lavorano soprattutto di notte. Li chiamiamo gli invisibili, perché il loro compito principale e’ quello di non farsi vedere dagli ospiti. Se, per caso, uno si avvicina, loro devo nascondersi in fretta e non farsi notare. A volte passano apposta le guardie a fare controlli e se ne beccano uno lo sbattono fuori. Però se vedono invece che sei bravo riesci anche a diventare cameriere. Io ce l'avevo fatta ma poi..."
Vania guardò Safran con un'espressione che non lasciava molto spazio alle discussioni.
Safran gli disse sottovoce ' Ho capito... ma.... sei sicura che potrai sopportare alcuni disagi?... non so se ci basterà l'eucalipto..."
Vania prese la mano di Safran " si... ce la posso fare". Safran annuì con un lieve cenno del capo e poi disse " Oba, ma tu non conosci un posto a Mombasa, dove poter andare a dormire... che non sia un villaggio?"
Oba ci pensò un poco poi disse esitante" Beh, un posto ci sarebbe... ma non so se può andarvi bene... voi siete... ricchi ed eleganti... Mia sorella MHINA ha una casetta in riva al mare, non molto distante dal vostro villaggio, ci vive con la sua famiglia... ma un paio di posti si trovano sempre... dove si dorme in sei, si può dormire anche in otto no?"
"Già" disse Safran, poco convinto, ma poi, incrociando lo sguardo di Vania" Dai portaci da Mihna!"



venerdì 19 novembre 2010

Il viaggio proseguì tra sonnellini, spuntini e film. Vania si godeva ogni cosa come fosse al parco giochi. Safran, invece, iniziava a sentire l'urgenza di scendere e iniziare, finalmente, questo viaggio che lo stava portando così lontano, non solo dall'Italia, ma anche dalla sua vita.
Dopo otto ore di viaggio, finalmente l'aereo atterrò a Malindi. Da lì avrebbero preso un autobus che li avrebbe portati a Mombasa. Appena scesi dall'aereo ad accoglierli fu il caldo tropicale dell'Africa. Vania si tolse immediatamente la felpa che l'aveva scaldata durante il viaggio, e restò con una canottiera rossa. Poi si legò la sciarpina colorata in testa, tolse le All Star e indossò le sue Birkenstock di vernice bianca.
Safran la osservava divertito: "Caspita, che organizzazione! - le disse - Come vorrei avere anch'io ai piedi i miei amati sandali!" Lei scosse la testa e bofonchiò qualcosa del tipo "Meno male che te li sei scordati", ma Safran fece finta di non aver sentito.
Attesero i bagagli, poi si diressero verso l'uscita. Safran, intanto, aveva raccolto informazioni confuse sul luogo in cui avrebbero dovuto prendere il bus.
Con aria decisa, condusse Vania e Bartolomeo lungo una strada poco distante dall'aereoporto, dove un cartello malconcio indicava la fermata degli autobus per Mombasa. Vania maledì immediatamente la sua valigia così pesante e avrebbe voluto fare cambio con quella di Safran, ma l'orgoglio le impedì di chiedere aiuto. "Vuoi una mano con quella valigia? - le disse Safran ridendo. Lei non rispose e camminò velocemente verso il luogo indicatole, sbattendo il povero Bartolo di qua e di là nella sua gabbietta.
Dopo 15 minuti l'autobus ancora non era arrivato. Vania smise di parlare. Faceva sempre così quando si innervosiva, ma lui ancora non lo sapeva. Dopo 30 minuti, oltre a non parlare, iniziò a sbuffare nervosamente, ma lui fece finta di non sentirla e continuò a giocherellare con la coda di Bartolo. Dopo 45 minuti, quando ormai Vania stava per scoppiare, finalmente arrivò un autubus. Più che un autobus, sembrava un pullmino degli anni 70. A Vania ricordò la 131 di suo nonno, non tanto per la forma, quanto per il colore, carta da zucchero. Non appena salirono, li investì un acre odore di umanità. Vania cercò di non dare a vedere il suo disagio, ma glielo si leggeva negli occhi. Safran, allora, prese dal suo zainetto un barattolino. Lo aprì e ci passò dentro un dito, che poi passò delicatamente sotto il naso di Vania. All'improvviso il cattivo odore era sparito, per lasciare il posto a un piacevolissimo profumo di eucalipto.
"Ti senti un po' più a casa, ora, koala? - disse lui sorridendo. Vania chiuse gli occhi e annusò profondamente quel buonissimo aroma, poi si voltò verso di lui e gli stampò un bacio sulla guancia. "Ma da quando al polo Sud ci sono gli alberi di eucalipto? - chiese lei.
"E' una lunga storia... " - rispose lui, accarezzandosi la guancia profumata

mercoledì 10 novembre 2010

sogno sospeso per aria

Safran fermo' improvvisamente la sua corsa, tanto che Vania non fece in tempo a rallentare e ando' a stampare il suo naso pannuto nella schena di lui.
"Ascolta!" disse alzando l'indice" Stanno chiamando il nostro volo. Dobbiamo sbirgarci"
Corsero a prendere le loro cose abbandonate al tavolino e si precipitarono verso il gate: destinazione Malindi.
E' straordinario come nella completa confusione dei grandi aeroporti si riescano a distillare piano piano le diverse nazionalita' del mondo quando ci si avvicina ai rispettivi gates di partenza. Ed ecco lo spettacolo che si stava materializzando davanti ai loro occhi man mano che andavano verso la meta. Olanda to Kenya. Colori. Profumi. Lingue. Movimenti. L'Africa stava impercettibilmente prendendo vita passo dopo passo.
C'erano famiglie, alti uomini di colore vestiti con lunghe tuniche dai caldi colori della terra. Vecchie signore ingioiellate con i capelli avvolti in foulard multitono. Bambini che correvano con pochi vestiti addosso. Snelli  signori biondi dallo sguardo serio e un po' incazzato. Che mancava solo un bel cappello bianco per trasformarli definitivamente nell'"uomo del monte". vecchie reminiscenze colonialiste dure a morire.
Presero posto nella fila centrale del Boeing 747, decisamente piu spaziosa del volo precedente. Le assistenti di bordo passarono a distribuire le cuffie, a chiedere cosa avrebbero desiderato per pasto e a lasciare una calda salvietta inumidita per potersi lavare la faccia e le mani. Fa sempre piacere essere coccolati.
Questo servizio mise di buon umore Vania che sorrideva come una bambina nel mondo dei balocchi. Sembrava che la paura del volo la stesse finalmente abbandonando.
Presero la lista dei film trasmessi a bordo e Safran scopri' con piacere  che c'era anche  " INCEPTION", l'ultimo film di Leonardo di Caprio.
"No, non so se mi va di giardarlo!" disse lei,  " Ho paura che sia troppo complicato".
" Ma va. Dai, io l'ho gia visto ma lo rivedo volentieri, e se c'e' qualcosa che non capisci magari ti posso aiutare, Ti assicuro che merita. Fidati".
" Ok. Ma devi spiegarmi tutto eh?"
"Non ti preoccupare" rispose Safran, finalmente felice che lei si fidasse un po'.
Dopo pochi minuti dall'inizio del film Vania si giro' verso di lui con il viso pieno di stupore.... " Ma... questo film e' girato a... Mombasa!!!"
" Lo so" sorrise compiaciuto Safran, " Ti ho detto che l'ho gia' visto".
"Ma non me l'avevi detto..."
" Credo che noi si stia andando li anche grazie a questo film. Qui si parla di sogni, e di realta' che vorrebbe essere sogno e viceversa. Esattamente come questo nostro viaggio, in cui la realta' entra nel sogno. E il sogno diventa reale. Credo che forse noi potevamo andare solo a Mombasa, la dove il sogno e la realta coincidono".
A Safran, ad un certo punto, parve che il film stesse stranamente cambiando trama. Adesso c'erano leoni che pascolavano davanti a lui, che era seduto sul ramo possente di un Baobab. Attorno la sconfinata savana africana. Poco lontano due giraffe si attardavano a brucare un po' di foglie. Lui sentiva la paura addosso. I leoni a quella distanza potevano essere pericolosi.
Si mise ad urlare ma non se ne andavano. Una leonessa inizio' l'avvicinamento verso l'albero e tento' di salire  ma falli' il suo primo tentativo.
Da lontano allora arrivarono dei pinguini reali che attirarono l'attenzione dei felini. Portavano in grembo i loro piccoli e cercavano di difenderli dalle belve. Erano impauriti pure loro . Ma ecco che proprio quando le fiere stavano per sferrare l'attacco si udi' una musica da avanspettacolo ed entrarono in scena un gruppo di koala argentati che ballavano il can-can, tutti in fila.
I leoni scomparvero. Un Koala nel frattempo si era arrampicato al suo ramo e stava per avvicinarsi a lui, con la calma che lo contraddistingueva. Safran era immobile, incredulo. Il koala mosse lentamente le sue zampe fino ad abbracciarlo dolcemente, ed arrivo' ad un passo dal suo viso. Apri' la bocca e una piccola lingua rugosa gli lecco' le guance.
Safran senti' un solletico sulla pelle, un senso di umido e una bassa vibrazione sonora vicino alle sue orecchie.
Apri' gli occhi, era bartolo che gli si era arrampicato fin sul viso e lo stava leccando tutto.
"Ehi cheffai?" lo prese e lo appoggio con delicatezza sul sedile.
Vania si giro' e lo guardo' festosa "ah, ti sei svegliato finalmente! Menomale che dovevi spiegarmi il film". Poi si giro' dall'altra parte e continuo' la sua discussione con un anziana signora Keniota che era seduta accanto a lei.
Parlavano molto a gesti, usando uno strano linguaggio miscelato tra l'inglese e il francese. Si intendevano magnificamente, pero', ed era uno spasso osservarle.
La signora aveva notato il gatto e aveva iniziato a parlare dei suoi mici. Vania allora ne aveva approfittato per trasmettergli tutte le sue preoccupazioni sull'educazione del felino.
Ad un certo momento Safran vide che Vania inizio' a muovere il torso avanti e indietro con gesti sussultori, mettendosi una mano davanti alla  bocca - Noooo - penso'- non le stara' parlando del vomito del gatto!. La vecchina invece capi' al volo e inizio' a spiegare pazientemente la sua tecnica per eliminare il problema. Non si sa come, ma Vania dava ampi cenni di assenso col capo, per avere capito perfettamente la terapia da approntare.

Era la donna piu' felice su questa terra.
"Sai" gli disse " credo che mi sia passata la paura del volo. La tua spiegazione sull'aerodinamica mi ha affascinato. Mi piace questa idea che l'aereo venga  risucchiato dall'alto anziche' spinto dal basso.Mi da piu '...sicurezza. E poi... e' cosi bello stare sopra le nuvole, splende sempre il sole.Si vive in una dimensione strana... quasi una SOSPENSIONE"

inception mombasa

venerdì 5 novembre 2010

La casa nella prateria...

Lei non rispose, scese le scalette dell'aereo e si diresse verso l'aeroporto di Amsterdam. Lui la seguì. Lei si sedette al tavolino di un bar e ordinò una fetta di appletart con aggiunta di panna montata. Lui la guardò stupito, poi si sedette davanti a lei e ordinò soltanto un caffè.
Solo dopo aver assaggiato la torta, lei parlò: "Ho sognato che ero seduta a un tavolino di un bar di Amsterdarm, in una via che costeggiava un canale, al tramonto e mangiavo una torta di mele con qualche ciuffo di panna montata intorno. Tu eri con me e mi stavi raccontando la vita dell'airone cenerino, ma io non ascoltavo, perché ero stranamente affascinata dai ciuffi di panna che non riuscivo ad acchiappare, talmente erano leggeri. A quel punto tu ti sei fermato e hai preso la panna con un dito, poi me l'hai posato sulle labbra, dicendomi che avevi letto da qualche parte che i ciuffi di panna olandesi sono resistenti all'acciaio delle posate. Io ho assaggiato la panna dal tuo dito e immediatamente mi sono ritrovata in un campo di tulipani rossi, circondata da mulini a vento, sola. Ho iniziato a correre tra i tulipani e mi sentivo un po' come Laura Ingalls della Casa nella prateria. Poi mi sono svegliata e ho letto il tuo biglietto e quando mi sono riaddormentata in quel campo c'eri pure tu... e suonavi il violino proprio come il padre di Laura Ingalls. Eri buffissimo! In quel telefilm succedevano le peggio cose... tragedie, malattie, uragani... ma alla fine c'era sempre quel padre riccioluto che suonava il violino con tutta la famiglia e rideva di cuore..."
Lui l'ascoltò senza dire una parola, ma quando si sentì paragonato a uno sfigato di un telefilm sfigato, che tra l'altro aveva sempre odiato, fece un'espressione di disapprovazione e si chiese quale immaginario avesse lei nel pensare a lui. Lei intuì il suo pensiero e aggiunse che adorava quel telefilm, ma soprattutto adorava Charles Ingalls.
Lui le sorrise. Poi avvicinò l'indice della mano destra al suo piatto, raccolse un ciuffo di panna montato con un gesto lento e misurato, la guardò negli occhi per qualche secondo, poi avvicinò il dito alle labbra di lei. Vania socchiuse le labbra e chiuse gli occhi, in attesa di assaporare il gusto dei tulipani. Lui, senza dire nulla, spalmò la panna sul naso di lei, poi si alzò e corse via ridendo. Vania aprì gli occhi e lo rincorse per tutto l'aereoporto minacciando vendetta e imprecando a più non posso.


http://www.youtube.com/watch?v=iDrLp45vlnA